Processo ai Vitelloni
“Vitellone” è uno dei termini felliniani entrati di prepotenza nel vocabolario di casa nostra. Insieme a “dolce vita” e “amarcord” forma la triade per eccellenza che si è imposta nel linguaggio internazionale. Ma se gli ultimi due hanno una valenza tra il positivo e il melanconico, più controverso è “vitellone”. Secondo alcuni è il seduttore per eccellenza della Riviera romagnola, per altri il maschilista tout court. A cercare di sbrigliare la questione ci prova il tradizionale Processo del 10 agosto a San Mauro Pascoli promosso da Sammauroindustria.
L’imputato è il “Vitellone”, omaggio al centenario di Federico Fellini. A guidare l’accusa è la giornalista de Il Manifesto Daniela Preziosi, la difesa da Gianfranco Angelucci stretto collaboratore del celebre regista. Presidente del Tribunale Gianfranco Miro Gori, fondatore del Processo e direttore di Sammauroindustria. Lo scenario dell’evento è sempre la Torre di pascoliana memoria a San Mauro Pascoli, luogo dal forte carico simbolico: amministrata da Ruggero Pascoli, padre di Giovanni Pascoli, ucciso da ignoti proprio il 10 agosto del 1867.
Perché processare i Vitelloni.
Potenza del cinema. Tutti (o quasi) sanno chi sono i vitelloni (in Italia e pure nel mondo). Forse non tutti sanno, però, che non fu Fellini a ideare il termine ma il suo sceneggiatore (e grande scrittore) Ennio Flaiano. Che spiegò la derivazione dall’abruzzese “vudellone”; in altri termini: una budella da riempire.
“Vitellone è uno che non fa nulla e campa, anche in età da lavoro, sulle spalle della famiglia – spiega Miro Gori, esperto di cinema – Perfetta da questo punto di vista è la rilettura felliniana di Amarcord dove in Lallo, zio del protagonista Titta, la figura del vitellone si fonde con quella del pataca. Se questo è un primo e assai grave capo d’imputazione in una Repubblica ‘fondata sul lavoro’, altri non mancano: dall’incapacità di crescere, maturare, staccarsi dall’adolescenza, al maschilismo radicale che ha indotto nell’opinione comune l’analogia tra vitellone e seduttore da spiaggia, come racconta Sergio Zavoli, altro illustre riminese, nel documentario I vitellini. Ma spetterà all’accusa definire con esattezza il campo dell’imputazione e alla difesa trovare attenuanti e reali motivi per l’assoluzione”.
Al pubblico presente, costituito in giuria popolare, come sempre la sentenza finale.
Accusa/difesa atto primo
Secondo l’accusatrice Daniela Preziosi “i Vitelloni restano un monumento alla peggio gioventù maschile, regredita al comodo eterno stato infantile, mammoni e traditori, bandiere di un’inconcludenza che è indifferenza. Bighellona, bovina, bulla, banale, irredimibile”.
Diverso il punto di vista del difensore Angelucci. “I luoghi comuni, le convenzioni, nascondono spesso pregiudizi che conducono verso una strada sbagliata; i Vitelloni sono ben altro da ciò che in molti pensano, e ci stupiremo insieme a scoprire quanto la loro natura, che ci appartiene così da vicino, rappresenti forse la nostra parte più nobile”.
Il verdetto del Processo viene emesso dal pubblico presente munito di paletta. L’organizzazione è di Sammauroindustria. L’ingresso è libero, limitato a 400 persone a causa delle restrizioni imposte dalla legge.
L’accesso alla manifestazione è consentito dalle ore 20,00 previa prenotazione al n. 3391831439 oppure 0541 810124. In caso di maltempo, il Processo si svolgerà nella Sala del Teatro dove potrà accedere un numero limitato di prenotati scelti in base all’ordine di arrivo della prenotazione.